Studio Viano

Impianti

Esistono poche discipline mediche od odontoiatriche in cui ci sia più confusione da parte dei pazienti che sugli impianti dentali: da una parte vi sono pazienti terrorizzati che paragonano questo tipo di intervento a grandi interventi chirurgici; dall’altra viene troppo banalizzato e ci si aspetta in tutti i casi di poter uscire il giorno stesso dallo studio con tutti i denti fissi e finiti! Come in molte cose, la verità sta nel mezzo: nella maggior parte dei casi, in mani esperte, si tratta di un intervento di pochi minuti, condotto in anestesia locale, molto meno doloroso e fastidioso di un’estrazione dentale. In altri casi, specialmente quelli in cui si debbano sostituire più denti mancanti con poco osso presente, si tratta di interventi più impegnativi, in cui ci si deve sottoporre a più sedute chirurgiche (per esempio, prima si rigenera l’osso e dopo l’avvenuta guarigione si inseriscono gli impianti) e dove anche le tempistiche sono ben lontane da quelle proposte dalle pubblicità senza scrupolo.

Vediamo innanzi tutto di capire come è composto un impianto:

impiant

L’impianto nella sua totalità va a sostituire completamente il dente o i denti persi, sia nella funzione masticatoria che estetica che di stimolo dell’osso sottostante. Infatti, in un osso dove per molto tempo non ci sono radici (vere o artificiali) che si muovono e lavorano si assiste ad una perdita ossea, molto evidente nelle persone che per anni portano protesi totali o dentiere e che quindi purtroppo perdono molto supporto osseo: si vede chiaramente come naso e mento si avvicinino, causando la cosiddetta “riduzione del viso inferiore”.

Ogni parte dell’impianto va studiata con attenzione: la vite in titanio (l’impianto vero e proprio) va scelta di diametro ed altezza precisi per il singolo caso; deve essere totalmente coperta da osso sano; non deve essere né troppo vicina né troppo lontana dai denti adiacenti; nei casi di più impianti, questi devono essere inseriti perfettamente paralleli per poter poi ottimizzare la protesi che porteranno sopra.

Il perno moncone, in genere inserito dopo circa 3 mesi dal primo intervento, collegherà la corona (l’unica parte della protesi che rimarrà visibile, il nuovo “dente”) alla vite sottostante: anche qui dovrà essere scelto della giusta dimensione ed angolatura, quindi necessiterà di una impronta di altissima precisione per dare così all’odontotecnico tutte le informazioni necessarie. Ad oggi esistono anche perni moncone bianchi, totalmente estetici, nei casi per esempio di denti anteriori da sostituire. Esistono tanti tipi di perni a seconda di come verrà caricato l’impianto: possono essere semplici come nel caso della foto quando va sostituito il singolo dente; possono essere a forma di ponte tra 2 impianti per portare ponti fissi o come supporto per protesi mobili; possono ancora avere una forma a palla, come i bottoni a poussoir degli abiti, per stabilizzare le dentiere.

Oggi si parla molto di impianti immediati: in questo caso vite, perno moncone e corona provvisoria vengono inseriti nel corso di una sola seduta. Va sottolineato come questa procedura sia riservata a pochi casi fortunati: ossa completamente sane, quindi o senza denti da almeno un anno o dove il dente è perso per un trauma acuto e non infettivo, ed in grande quantità! In questi rari casi, viene presa un impronta prima dell’intervento in modo da avere già pronti sia il perno che la corona provvisoria ed il paziente potrà avere subito attivo il suo dente od il suo supporto alla dentiera.

Per continuare il caso classico, la corona provvisoria, in resina bianca, viene inserita insieme al perno moncone ed in genere rimane a lavorare per circa 6 mesi, che vengono considerati come un test per la stabilità dell’impianto. Se tutto procede bene, viene poi sostituita con una corona in ceramica definitiva ed il nostro impianto avrà solo bisogno di una ottima igiene orale in modo da garantirne la durata negli anni a seguire.

Per fare qualche esempio pratico, il caso che tutti gli implantologi sognano è quello di un robusto ragazzo sui 20 anni, con una bella mandibola tipo Ridge di “Beautiful”, che si fratturi un dente a causa di un trauma (pugno, pallonata, incidente d’auto, ecc…). In questo caso privilegiato, sarà possibile attuare la procedura ideale: estrazione del dente ed immediata inserzione della vite in titanio nell’osso, che in questo caso sarà tanto ma soprattutto non infetto! Il nostro ragazzo uscirà quindi con il suo bel dente fisso dopo circa un’oretta e mezza tra intervento chirurgico ed applicazione del perno moncone e della corona sulla vite fissata nell’osso.

Come è facile immaginare, questi casi capitano raramente e le complicazioni sono le più svariate:

  • Perdita del dente a causa di processi infettivi: quasi sempre il dente viene estratto non a causa di traumi ma a causa di carie molto distruttive oppure per trattamenti endodontici (devitalizzazioni) molto vecchi o mal eseguiti, che causano attorno alle radici del dente una perdita di osso ed una infezione, oppure a causa di una malattia parodontale (come la piorrea, in cui denti sani iniziano a muovere per perdita del supporto osseo) non trattata. È facile capire che assolutamente non si può inserire una vite di titanio sterile in un osso infetto: sarebbe come tentare di edificare una casa in una malsana palude!
  • Scarsità ossea: specialmente nella mascella superiore, spesso si ha troppo poco osso per poter inserire un impianto che come minimo deve essere alto 5 mm. Questo a causa della presenza dei seni paranasali, grosse cavità nel nostro cranio a lato del naso il cui compito è quello di purificare l’aria. Per fortuna, in un paziente sano, quasi sempre questo problema è superabile attraverso vari tipi di innesti ossei.
  • Retrazione ossea: tanti sono i portatori di protesi totale (la classica dentiera) che si rivolgono a noi disperati perché non sopportano più i “denti che ballano”. Purtroppo, nelle ossa mascellari in cui non ci sono più radici di denti od impianti, avviene molto spesso una grande perdita di osso: questo perché il midollo osseo non sente più “lavorare” le radici dei denti che continuamente si muovono (mentre parliamo, mangiamo, deglutiamo, ecc..) e perde di vitalità, non riformando nuovo osso. Il nostro organismo, anche se ci sembra dall’esterno sempre uguale, in realtà viene continuamente rinnovato, tanto che in 7 anni siamo totalmente nuovi (a parte naturalmente il cervello ed i tessuti nervosi) ma questi delicati processi naturali per lavorare al meglio hanno bisogno di avere tutto un organismo attorno che lavori perfettamente.
  • Controindicazioni dovute a malattie sistemiche: anche in questo campo ci sono molte idee confuse. Fortunatamente, le ossa del cranio godono di un metabolismo diverso rispetto alle altre ossa del corpo per cui anche in casi di osteoporosi gli impianti sono una terapia possibile. Anche in caso di piorrea, se ben trattata e tenuta sotto controllo con una buona igiene, gli impianti sono una ottima terapia praticabile proprio perché in quanto artificiali non vengono coinvolti dalla malattia. Quindi ad oggi le vere, assolute controindicazioni sono solo 2: gravi osteoporosi trattate con bifosfonati (in cui il problema è il farmaco, non la malattia) e nei gravi problemi cardiaci, in quanto i batteri della bocca tendono ad attaccare anche il cuore per cui si cerca di creare un ambiente il più possibile privo di possibili focolai infettivi.

 

Va sempre e comunque ricordato che stiamo parlando di una procedura medico chirurgica: bisogna quindi cercare un professionista esperto, che lavori nella massima igiene, che sia in grado di gestire qualunque complicazione… e che sia sempre reperibile e presente per seguire tutto lo svolgimento della terapia. Per questo, eseguiti da un professionista serio, gli impianti sono sfortunatamente una terapia costosa: i materiali devono essere di alta qualità, le norme igieniche sono severissime e prevedono tanti strumenti monouso, il team chirurgico deve essere di prim’ordine ma soprattutto viene data una sorta di garanzia sull’impianto inserito. In circa un 2% dei casi, per ragioni ancora non conosciute, non avviene il processo di osteointegrazione: cioè l’osso attorno alla vite non guarisce bene e non cattura in modo saldo e definitivo la vite stessa.

Capita anche nello stesso paziente, stessa marca di impianti e stesso chirurgo, che su 5 impianti uno venga semplicemente non accolto dall’osso: in questo caso, si rimuove, si aspetta una nuova guarigione dell’osso e si re-inserisce senza costi aggiuntivi per il paziente. Ovviamente si controllerà attraverso visite e radiografie che l’osteointegrazione sia avvenuta, si instaurerà un regime di controlli igienici stretto perché l’unica cosa che teme un impianto è proprio l’infezione batterica, e passati circa 3 mesi si potrà inserire sulla vite il suo perno moncone che porterà la corona, prima provvisoria e poi definitiva.

Questo iter è quello del caso classico, cioè del dente estratto per motivi infettivi, che quindi prevede:

  • estrazione del dente e pulizia dell’osso infetto sotto copertura antibiotica, eseguita con anestesia locale
  • attesa da 3 a 6 mesi della totale guarigione ossea
  • inserzione della sola vite nell’osso, che potrà essere o totalmente nascosta sotto la gengiva o sporgere appena al di sopra di essa grazie ad una vite di guarigione, eseguita in anestesia locale. Ad oggi, quando possibile (in tutti i casi in cui non si rigeneri l’osso o che ci siano altre complicazioni intraoperatorie, per esempio un osso non molto duro che non assicura una stabilità immediata all’impianto), si sceglie sempre quest’ultima metodica per evitare il piccolo intervento di esposizione della vite
  • attesa dell’osteointegrazione della vite da 3 a 6 mesi
  • radiografia e controllo della vite
  • impronta ed applicazione del perno moncone e della corona, operazione detta carico implantare, operazione che si svolge senza anestesia in quanto tutto si svolge al di sopra della gengiva.

 

Come si può capire da questo breve riassunto, mettere un impianto è quindi una terapia veramente ottima, che permette a tutta la bocca di lavorare al meglio e di mantenersi sana sotto ogni punto di vista. Si tratta però di una terapia complessa, che va ben ponderata caso per caso, che quasi sempre richiede tempi lunghi e che va seguita e mantenuta nel tempo. Per questo i professionisti inorridiscono davanti a pubblicità di cliniche low cost e magari anche all’estero: come si può ridurre i prezzi se non risparmiando su qualità di materiali e procedure igieniche? Sedicenti professionisti che in un giorno tolgono tutti i denti e mettono 20 impianti ed i denti definitivi… e poi? Chi li segue? E se ne si perde uno, magari fondamentale a reggere il lavoro, e intanto il paziente è giustamente tornato a casa, a mille km di distanza?

Per seguire al meglio i miei pazienti ho cercato di riunire un team che seguisse al meglio tutti i diversi casi di interventi implantari:

  • dr. Paolo Tosco, chirurgo maxillo-facciale, si occupa di tutto ciò che è strettamente chirurgico: estrazioni complesse, rigenerazioni ossee ed inserzione vera e propria delle viti. Va sempre ricordato che il cranio è una parte del corpo piccola, ma piena di strutture diverse tutte strette insieme: naso, seni paranasali, lingua, tonsille, nervi, labbra, ecc… bisogna quindi sapere bene dove mettere le mani, ma soprattutto dove non metterle e come gestire complicazioni intra ed extra operatorie. Per questo motivo ho preferito rivolgermi ad un medico chirurgo, con ore di pratica in sala operatoria e su interventi ben più complessi, per poter assicurare ai miei pazienti la massima tutela.
  • dr.i Armando e Laura Viano, io e mio padre ci occupiamo personalmente del carico implantare, perché su una base stabile va poi costruito qualcosa che sia funzionale e bello.
  • Odontotecnico: a seconda di cosa dovrà sostenere la vite, ci rivolgiamo a laboratori specializzati in protesi fisse oppure in protesi mobili